STUDIO LEGALE GOVI

Conversione in legge con modificazioni del D.L. n.  69/2024
(c.d. Decreto “Salva Casa”)

Come noto, il Decreto Legge n. 69/2024 è stato convertito con modificazioni nella Legge n. 105 del 24/07/2024, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 175 del 27/07/2024, vigente dal 28/07/2024.

Nel corso dell’esame, in sede referente, del disegno di legge di conversione sono state introdotte diverse modifiche e novità rispetto al testo originario del Decreto Legge.

I) Tra le novità derivanti dall’iter di conversione, si segnalano alcune modifiche all’art. 6 del D.P.R. n. 380/2001 (c.d. TUE), disciplinante l’attività edilizia libera.

In particolare, in sede referente, alla lettera b-bis del comma 1 del detto articolo 6 è stata introdotta la specificazione per cui la possibilità di realizzare, quale attività edilizia libera, vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti (VEPA) non si applica ai porticati gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicente aree pubbliche.

Inoltre, alla lettera b-ter) del richiamato comma 1 è stata inserita la specificazione che rientrano nell’attività edilizia libera, secondo quanto previsto da tale lettera, altresì le tende a pergola con telo retrattile anche se bioclimatiche.

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II) Altra novità di rilievo si segnala con riferimento all’art. 9 bis del TUE, disciplinante lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare, il cui comma 1- bis era già stato novellato dal D.L. “Salva Casa”.

Con le modifiche introdotte in sede referente è stato disposto che lo stato legittimo, in alternativa a quello rappresentato dal titolo edilizio che ha previsto la costruzione dell’intero immobile o dell’unità immobiliare o che li ha legittimati, è determinato dall’ultimo intervento edilizio che ha disciplinato l’intero immobile o l’unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del relativo titolo abilitativo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi (modificandosi, così, l’originaria formulazione del D.L. ”Salva Casa”, secondo cui lo stato legittimo doveva essere la risultanza dell’esito di un procedimento idoneo a verificare l’esistenza del titolo abilitativo riferito alla originaria costruzione o alla legittimazione della stessa).

Sempre in sede referente, al detto art. 9 – bis è stato aggiunto il comma 1-ter, a norma del quale, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio di cui all’art. 1117 del codice civile; specularmente, è previsto che, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell’edificio, non rilevano le difformità esistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso.

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III) Le novità introdotte al TUE nel corso dell’esame in sede referente riguardano anche l’art. 24 del TUE, disciplinante l’agibilità degli edifici, mediante l’inserimento, dopo il comma 5, di tre nuovi commi, ossia il 5 bis, il 5 ter e il 5 quater.

In particolare, il comma 5 – bis stabilisce che, nelle more della definizione dei requisiti igienico- sanitari mediante decreto del Ministero della Salute da adottarsi in sede di Conferenza unificata (come previsto dall’art. 20 comma 1 – bis del TUE), il progettista abilitato, fermo restando il rispetto degli altri requisiti igienico – sanitari previsti dalla normativa vigente, è autorizzato ad asseverare la conformità del progetto alle norme igienico – sanitarie con possibilità di alcune deroghe, in specie consistenti nell’ipotesi di locali con un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri fino al limite massimo di 2,40 metri e, quale ulteriore possibile deroga, nell’ipotesi di alloggio monostanza, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, per una persona, e inferiore a 38 metri quadrati, fino al limite massimo di 28 metri quadrati, per due persone.

Peraltro, tali deroghe, come da comma 5 – ter, sono assoggettate a condizioni di rilievo, essendo richiesto il soddisfacimento del requisito dell’adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236 e, altresì, il soddisfacimento di almeno una delle condizionidi cui alle lettere a) e b) del detto comma 5 – ter.

In particolare, i locali devono essere situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico – sanitarie(così la lett. a), oppure deve essere presentato contestualmente un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico – sanitarie dell’alloggio ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturali ausiliari(così la lett. b).

Il nuovo comma 5 – quater dell’art. 24 del TUE fa, poi, salve le deroghe ai limiti di altezza minima e di superficie minima dei locali previste dalla legislazione vigente.

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IV) In sede referente sono state apportate modifiche anche all’art. 23 – ter del TUE, disciplinante il mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante.

Al comma 1 del detto articolo, in specie, è stata introdotta una premessa con la specifica che si considera senza opere il mutamento di destinazione d’uso se non comporta l’esecuzione di opere edilizie ovvero se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi di cui all’articolo 6 (disciplinante l’attività edilizia libera).

Ai commi 1-bis e 1-ter, rispettivamente disciplinanti il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale e tra categorie funzionali diverse, è stata espunta la specificazione “senza opere” con riferimento ai cambi d’uso sempre ammessi, secondo le previsioni ivi contemplate.

Al comma 1 – quater sono state specificate le condizioni per il mutamento di destinazione d’uso tra diverse categorie funzionali, in particolare prevedendo che:

  • il mutamento è sempre consentito, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, inclusa la finalizzazione del mutamento di destinazione alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile;
  • il mutamento di destinazione d’uso non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal DM 1444/1968 e dalle disposizioni di legge regionale;
  • resta fermo, nei limiti di quanto stabilito dalla legislazione regionale, ove previsto, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria;
  • il mutamento non è assoggettato al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla Legge n. 1150/1942 (Legge urbanistica);
  • per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate, il cambio di destinazione d’uso è disciplinato dalla legislazione regionale, che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni dei commi da 1-ter a 1-quinquies del detto art. 23 – ter si applicano anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate.

Il comma 1-quinquies, modificato in sede referente, dispone che il mutamento di destinazione d’uso, nei casi di cui al primo periodo del comma 1 (id est mutamento di destinazione d’uso senza opere), richiede la presentazione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA); nei restanti casi, il titolo richiesto è quello previsto per l’esecuzione delle opere necessarie al mutamento di destinazione d’uso, fermo restando che, per i mutamenti accompagnati dall’esecuzione di opere riconducibili all’articolo 6-bis (ossia gli interventi subordinati a CILA), si procede con la presentazione di SCIA.

In sede referente, è stato modificato anche il comma 3 dell’art. 23 – ter del TUE prevedendo che le regioni adeguano la propria legislazione ai principi di cui al medesimo articolo 23-ter, i quali trovano in ogni caso applicazione diretta, fatta salva la possibilità per le regioni medesime di prevedere livelli ulteriori di semplificazione.

Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso di un intero immobile all’interno della stessa categoria funzionale è consentito subordinatamente al rilascio dei titoli di cui al comma 1-quinquies.

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V) Per quanto concerne la disciplina sulle tolleranze costruttive, l’art. 34 – bis del TUE è stato modificato dal D.L. “Salva Casa” mediante l’introduzione del comma 1 -bis, integrato in sede referente, prevedente una disciplina speciale per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, ossia, specifiche tolleranze costruttive in misura inversamente proporzionale alla superficie utile delle unità immobiliari.

In sede referente è stata inserita in specie l’ulteriore percentuale di tolleranza costruttiva del 6% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadri.

Inoltre, il comma 1 – ter, del detto art. 34 -bis, è stato integrato con la previsione che gli scostamenti di cui al comma 1 (ossia la generale previsione della tolleranza costruttiva del 2%) rispetto alle misure progettuali sono applicabili anche con riferimento alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico sanitari.

Al comma 3 – bis del detto art. 34 – bis, sono state introdotte alcune specifiche con riferimento all’attestazione del tecnico per quanto concerne le unità immobiliari ubicate in zone sismiche.

Il comma 3-ter del detto art. 34 – bis prevede, poi, che l’applicazione delle disposizioni contenute nello stesso art. 34 – bis non può comportare limitazione dei diritti dei terzi: in sede referente sono stati soppressi il secondo, il terzo ed il quarto periodo del richiamato comma 3-ter, cheriguardavano la verifica, da parte del tecnico abilitato, della sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi e l’attuazione delle attività necessarie per eliminare tali limitazioni, presentando, ove necessario, i relativi titoli, sempre da parte del tecnico abilitato.

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VI) In sede di esame referente, inoltre, è stato inserito nel TUE l’art. 34 – ter, disciplinante casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo.

Il comma 1 del detto nuovo articolo, prevede che gli interventi realizzati come varianti in corso d’opera costituenti parziale difformità dal titolo possono essere regolarizzati a condizione che:

  • il titolo sia stato rilasciato prima della entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977 n. 10 (c.d. legge Bucalossi), avvenuta il 30 gennaio 1977;
  • gli interventi in questione non siano riconducibili ai casi previsti dall’art. 34 – bis del DPR n. 380/2001 sulle tolleranze costruttive (diversamente, applicandosi il detto art. 34 – bis).

Per i detti interventi, al verificarsi delle condizioni citate, la regolarizzazione deve avvenire con le modalità di cui ai commi 2 e 3 del medesimo articolo 34 – ter, sentite le amministrazioni competenti, secondo la normativa di settore.

In particolare, come da richiamato comma 2, l’epoca di realizzazione delle varianti in questione deve essere provata mediante la documentazione (prevista dall’art. 9 -bis, comma 1 – bis, quarto e quinto periodo, del D.P.R. n. 380/2001) per la determinazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare; oppure, nei casi in cui sia impossibile accertarla mediante tale documentazione, tale epoca è attestata dal tecnico incaricato con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità.

Il comma 3 prevede, poi, la possibilità di regolarizzare l’intervento mediante presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) e il pagamento, a titolo di oblazione, di una somma determinata ai sensi del comma 5 dell’art. 36 – bis del TUE.

È, altresì, stabilito che l’Amministrazione competente possa adottare i provvedimenti di cui all’art. 19 comma 3 della L. n. 241/1990 anche in caso in cui accerti il contrasto delle opere con l’interesse pubblico concreto e attuale alla loro rimozione: dunque, l’Amministrazione comunale può adottare motivati provvedimenti finalizzati a rimuovere gli effetti, ritenuti dannosi, dell’attività edilizia.

Il successivo comma 4 dell’art. 34 – ter stabilisce che le parziali difformità, realizzate durante l’esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all’esito di sopralluogo o ispezione dei funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, sono soggette, in deroga a quanto previsto dall’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001, alla disciplina delle tolleranze di cui all’art. 34-bis, a condizione che non sia stato emesso, in seguito alle citate verifiche, un ordine di demolizione o riduzione in pristino e che sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi della disciplina dell’annullamento d’ufficio di cui all’art. 21 – nonies L. n. 241/1990.

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VII) Le modifiche inserite in sede di referente hanno riguardato anche l’art. 36 del TUE, ora riferito all’accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità e, in specie, come da comma 1, gli interventi realizzati in assenza di permesso di costruire o in totale difformità di cui all’articolo 31, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in totale difformità da essa (trattasi della c.d. “Super SCIA” o Scia alternativa al permesso di costruire).

Per tali ipotesi è possibile ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (c.d. “doppia conformità” che, quindi, permane con riferimento ai casi di cui al detto art. 36).

In sede referente sono state introdotte rilevanti novità anche all’art. 36 – bis che ora, come da comma 1, riguarda l’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità, di assenza della SCIA “ordinaria” e di variazioni essenziali di cui all’art. 32 del TUE

In tali ipotesi, la sanatoria è conseguibile se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento stesso.

Il comma 2 del detto art. 36 – bis è stato modificato in sede referente ora prevedendo che il permesso in sanatoria può essere subordinato soltanto alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi dello stesso art. 36 – bis.

Il comma 4 disciplina il caso in cui gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica: con riferimento a tali ipotesi, la modifica introdotta in sede referente  prevede che se il parere dell’autorità preposta alla gestione del vincolo o il parere della soprintendenza non sono resi entro i prescritti termini perentori (rispettivamente di centottanta e di novanta giorni), si intende formato il silenzio – assenso e il dirigente, o il responsabile dell’ufficio, provvede autonomamente.

È poi precisato che le disposizioni di cui al detto comma 4 si applicano anche nei casi in cui gli interventi contemplati al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.

Il comma 5, come modificato in sede referente, disciplina il pagamento dell’importo a titolo di oblazione a cui sono subordinati il rilascio del permesso e la segnalazione di inizio attività in sanatoria, in specie:

a) oblazione pari al doppio del contributo di costruzione ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, pari al contributo di costruzione determinato in misura corrispondente a quella prevista dall’articolo 16 del TUE, incrementato del 20 per cento in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, nelle ipotesi di cui all’articolo 34, e in caso di variazioni essenziali ai sensi dell’articolo 32 dello stesso TUE. Non si applica l’incremento del 20 per cento nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;

b) oblazione pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro ove l’intervento sia eseguito in assenza della segnalazione certificata di inizio attività o in difformità da essa, nei casi di cui all’articolo 37 del TUE, e in misura non inferiore a 516 euro e non superiore a 5.164 euro ove l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

In sede referente è stato, poi, introdotto il comma 5 bis, a norma del quale, qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.

Il comma 6, con riferimento ai profili procedurali, stabilisce i termini decorsi i quali la richiesta di  permesso in sanatoria si intende accolta e la SCIA si intende perfezionata: in sede referente è stata introdotta la modifica per cui l’Amministrazione, su richiesta del privato, è tenuta a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e dell’intervenuta formazione dei titoli abilitativi. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’istante può esercitare l’azione avverso il silenzio inadempimento della P.A.

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VIII) Ulteriore novità introdotta in sede di referente è costituita dall’inserimento del nuovo comma 1 quater all’articolo 2 – bis del TUE, disciplinante le deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati.

Il primo periodo del comma 1 – quater dispone, in particolare, che il recupero dei sottotetti è comunque consentito, nei limiti e secondo le procedure previste dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio, che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto come delimitata dalle pareti perimetrali e che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ha previsto la costruzione del medesimo.

Resta fermo quanto previsto dalle leggi regionali più favorevoli.